CHE FA PAURA
Gran parlare, e scrivere, in questi giorni, di rischi e pericoli per la democrazia, in Italia, in Europa, nel mondo. Non che non sia vero: rischi, pericoli ce ne sono, e non da ora; ma sono molto più gravi, concreti, letali di quelli evocati e letteralmente gridati nel talk show che vanno per la maggiore nelle reti televisive pubbliche e private; o che possiamo leggere nei pensosi ma poco pensati editoriali dei maggiori quotidiani. E mentre è tutto un avvilente filosofare sui pericoli del green pass, sulla dittatura sanitaria, e i possibili abusi legati al vaccino anti-covid, ecco che curiosamente il vero pericolo che incombe non viene visto, lo si ignora. E si assistono a curiosi, ma significativi episodi.
A metà novembre Nino Di Matteo, magistrato attualmente membro del Consiglio Superiore della Magistratura, viene intervistato da Andrea Purgatori su “La 7”. Confessa un timore: “che si siano formate anche al di fuori o trasversalmente alle correnti, delle cordate attorno a un procuratore o a un magistrato particolarmente autorevole, composte da ufficiali di polizia giudiziaria e da esponenti estranei alla magistratura che pretendono, come fanno le correnti, di condizionare l’attività del Consiglio superiore della magistratura e dell’intera magistratura… Con l’appartenenza alle cordate vieni tutelato nei momenti di difficoltà, la tua attività viene promossa, vieni sostenuto anche nelle tue ambizioni di carriera e l’avversario diventa un corpo estraneo da marginalizzare, da contenere, se possibile da danneggiare… La logica dell’appartenenza è molto simile alle logiche mafiose, è il metodo mafioso che ha inquinato i poteri, non solo la magistratura”.
Dove abbiamo già sentito evocare queste cose? In un libro di grande successo, “Il sistema”, la lunga conversazione tra Luca Palamara e Alessandro Sallusti:
“…Le spiego una cosa fondamentale per capire che cos’è successo in Italia negli ultimi vent’anni”, dice Palamara. “Un procuratore della Repubblica in gamba, se ha nel suo ufficio un paio di aggiunti e di sostituti svegli, un ufficiale di polizia giudiziaria che fa le indagini sul campo altrettanto bravo e ammanicato con i servizi segreti, e se questi signori hanno rapporti stretti con un paio di giornalisti di testate importanti – e soprattutto con il giudice che deve decidere i processi, frequentandone magari l’abitazione…Ecco se si crea una situazione del genere, quel gruppo e quella procura, mi creda, hanno più potere del Parlamento, del premier e del governo interno. Soprattutto perché fanno parte di un ‘Sistema’ che lì li ha messi e che per questo li lascia fare, oltre ovviamente a difenderli”.
Nella sostanza le affermazioni di Di Matteo e Palamara si possono sovrapporre, sono due “opposti” che coincidono. Ma Di Matteo dice anche altro, questa volta a Saverio Lodato. I due sono autori di un libro, “I nemici della giustizia”. Si deve andare alle pagine 75 e 76; ecco qua: “…Una cordata sorta attorno a qualche magistrato, di solito un importante procuratore, che ha saputo acquistare nel tempo, e spendere, la sua autorevolezza e il suo prestigio per occupare spazi sempre più ampi di potere dentro e fuori la magistratura…” con lo scopo “di fidelizzare altri colleghi, alti esponenti delle forze dell’ordine, acquisendo un potere tale da riuscire a influenzare scelte e nomine all’interno della magistratura e persino delle forze di polizia. Cordate, non più correnti…”.
Davvero sublime questa concordanza di opinioni, di “visioni” tra il “reprobo” Palamara e il pluri-osannato Di Matteo. Tutto ciò aggravato dal fatto che nessuno al Colle supremo, a via Arenula, a palazzo dei Marescialli, i tanti che dicono di occuparsi delle questioni della giustizia, batte ciglio, mostra il minimo interesse. Associazione Nazionale Magistrati? Silente. Deputati, senatori? Nulla a pretendere. D’accordo: il Parlamento è ridotto come si sa, ma uno che sia uno che non foss’altro per salvarsi l’anima, presenti uno straccio di interrogazione? Davvero: forza e coraggio.