Proposta Radicale 1 2022
2

Editoriale

Fare una rivista di questi tempi, dove a stento si legge un annuncio che pubblicizza l’ultima fesseria nel campo della moda e del gossip? Sì. Farla anche se libri e riviste sono ormai cibo per mammut condannati a implacabile estinzione? Ancora sì. E perché mai sprecare tempo e denaro in una impresa impossibile? Perché un po’ di tempo c’è ancora e anche qualche euro; e dunque perché no? Che male si fa? Inoltre a dar retta a quanti in tutti questi anni ammoniscono dall’imbarcarsi in imprese impossibili, si finisce col restare fermi, immobili. Per contro le imprese “impossibili” spesso si rivelano possibilissime; basta volerle e “curarle” come giustamente chiedono.

Proposta Radicale” fin dal titolo si annuncia per quello che vuole essere: il “radicale” è da intendere come aggettivo e sostantivo insieme. Non si ha remora a identificarci nella “tribù” fondata, e per anni animata, da Marco Pannella. Proprio quella, non una sua imitazione.

Leonardo Sciascia, quando nel 1979 si candida nelle liste del Partito Radicale, si augura di assistere a quella che definisce salutare “confusione” tra politica ed etica; lui si è sempre occupato di politica nel senso etico; e decide di farlo “nel modo più esplicito e diretto”, con il partito che “meglio degli altri, e forse unicamente, lo consente”.

In quanto alla “Proposta”: è stucchevole, ma anche banale, noioso, che ogni volta che da radicali si dice o si fa qualcosa, veder accorrere volenterosi preoccupati di aggiungere che si tratta di una “protesta”. No. L’ambizione è accompagnare ai tanti NO per cose che non garbano, altrettanti SI che costituiscano un’alternativa concreta, verificata e verificabile. Una “proposta”, appunto.

Numero dopo numero, si cercherà di essere anche “memoria” che vada al di là del “ricordo”; c‘è un enorme patrimonio culturale ed ideale, liberale, libertario, liberatorio, radicale, disperso in mille rivoli e che rischia di essere sconosciuto a noi stessi.

Gli animatori di questa rivista cercheranno di operare nel solco di quella sempre attuale intuizione che negli anni ‘50 del secolo scorso si oppose alle vocazioni e alle volontà egemoniche del Partito Comunista: NO all’unità delle forze laiche; SI all’unione laica delle forze.

Un Goliardo di Bologna, Guido “Bobo” Rossi, nel 1946 alla prima riunione dei Goliardi Italiani, elaborò una specie di manifesto: “Goliardia è cultura e intelligenza; è amore per la libertà e coscienza delle nostre responsabilità di fronte alla scuola di oggi, alla professione di domani e, infine, culto dello spirito che genera un particolare modo di intendere la vita alla luce di un’assoluta libertà di critica di fronte a uomini e di istituti e, infine, culto delle antichissime tradizioni che diffusero nel mondo il nome delle nostre libere università di scolari”. 

Ecco: ora ce l’avete un’idea di quello che questa rivista vuole essere.

Ascolta l'articolo

iMagz