Proposta Radicale 11/12 2023
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Timpanaro

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Invece sì, la violenza è liberatrice

di Sebastiano Timpanaro

Cari compagni,

sono davvero mortificato di aver lasciato arrivare la fine di settembre senza avere risposto alla vostra lettera così cordiale e senza avervi mandato in tempo utile l’intervento sulla violenza che mi chiedete che anche la cara amica Laura Fossetti mi aveva chiesto. D’altra parte ho avuto timore di ripetere cose che altri avevano già detto e comunque cose che in altre occasioni già molti hanno detto. Io credo che, se si vuole e si può arrivare a un mondo senza oppressi e senza oppressori, la violenza sia inevitabile perché, anche se tu non la vuoi e fai di tutto per seguire una via pacifica, sono gli oppressori che, quando si vedono davvero minacciati nei loro privilegi, scatenato la violenza contro di te; e allora devi essere preparato a non farti schiacciare a non fare la fine di Allende. Comprendo bene che la “violenza” liberatrice si trasforma con la massima facilità in violenza oppressiva: finora è accaduto così in tutte le rivoluzioni. Ma si può, per evitare il rischio di nuovi oppressori, tenersi i vecchi? Non credo. Credo piuttosto che si debbano evitare le “rivoluzioni” di minoranza: l’unico modo di premunirsi contro il formarsi di una nuova classe o casta oppressiva è che la rivoluzione sia fatta dalla grande maggioranza, dalla quasi totalità degli oppressi, e che poi subito gli oppressi non deleghino il potere ad alcuni, rivendichino il diritto di governare in prima persona, senza conferire deleghe o conferendo deleghe il più possibile temporanee, revocabili ad ogni istante, controllate continuamente dalla base. Ma, anche a svilupparle meglio che in questo breve accenno, non mi sembrano idee peregrine; e, ripeto, sono stato trattenuto dal timore di consumare inutilmente spazio della vostra rivista mentre altri potranno dire di più e meglio. Scusatemi, e un saluto cordiale.

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