L’immunologo Anthony Fauci, consigliere di sette presidenti (Ronald Reagan, George Bush, Bill Clinton, George W. Bush, Barack Obama, Donald Trump e ora Joe Biden), venuto in Italia, per ricevere la laurea honoris causa dall’Università di Siena ha lanciato un allarme che è bene non lasciar cadere: “Sono preoccupato per l’integrità dei Paesi democratici. Quando puoi mentire spudoratamente, quando le persone considerano le verità alternative qualcosa di normale, quando puoi dire qualsiasi cosa contro ogni evidenza senza alcuna conseguenza, le persone sono confuse, la scienza non basta a convincerle”.
Cattiva informazione, negazione del diritto alla conoscenza. Quel diritto che è solennemente sancito nell’articolo 21 della Costituzione italiana, e che viene sistematicamente, pervicacemente, disatteso.
C’è poi un ulteriore problema, non meno urgente. Chi sono i padroni, quelli veri, delle notizie? Editori, finanziatori di giornali e radio-televisioni, i social. Lo sono fino a un certo punto. La questione è: chi sono quelli davvero in grado di influenzare il flusso delle informazioni nel mondo? Al riguardo aiuta una ricerca delle università di Roma e di Firenze. La ricerca ha analizzato qualcosa come 140 milioni di articoli pubblicati on line in 183 nazioni; si è così scoperto che nel pianeta circolano sostanzialmente le stesse notizie, generate per lo più da quattro paesi: Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Canada. Seguono Italia, Russia, Germania. Paesi “superdiffusori” di notizie, ripetute all’infinito da migliaia di siti nel mondo. Sono questi gli influencer del globo. “Siamo immersi come non mai in un oceano di dati”, spiegano gli autori dello studio, “eppure ci sono alcuni Paesi che possono condizionare le nostre opinioni grazie al controllo delle informazioni”. Chi domina l’informazione, anche quando cerca di farlo in modo onesto e senza spacciare falsità, ha il grande potere di orientare il pensiero di milioni di persone: basta scegliere una notizia anziché un’altra, o dare più importanza a un particolare.
Anni fa Raffaele Simone, nel suo Come la democrazia fallisce, “descriveva” come la democrazia ci sia sfuggita di mano; come il massimo di informazione corrisponda a un livello infimo di conoscenza; come la pretesa partecipazione attraverso internet, corrisponda a un inquietante e pericoloso vuoto fatto di inconcludenti scambi di mail che nessuno legge. Un “qualcosa” tra George Orwell e Franz Kafka: il livellamento delle idee, la loro cancellazione. Una favorita pigrizia mentale che lascia spazi vuoti destinati a essere occupati da questo “qualcosa” caratterizzato da assenza di memoria, conoscenza, “sapere”.