di Valter Vecellio
Un giorno bisognerà cercare di capire perché, come sia potuto accadere che, a eccezione di Radio Radicale che ha trasmesso integralmente ogni seduta, i processi sulla strage di via D’Amelio, e in particolare quello relativo al “più grande depistaggio della storia d’Italia” (parole del Pubblico Ministero Stefano Luciani) da televisioni e giornali sia stato seguito in un modo che definire sgangherato è termine gentile. È un dato acquisito l’indifferenza dei più, il fastidio dei tanti. Un depistaggio, una pervicace e sistematica opera di occultamento riconducibile ad apparati ed entità il cui compito era esattamente l’opposto, quello di assicurare giustizia, verità, conoscenza.
È grazie all’impegno infaticabile, alla dedizione ostinata di pochi che hanno avuto il coraggio di opporre il loro NO e hanno obbedito al comandamento dettato dalla loro coscienza, se queste manovre depistanti, queste volontà di silenziare e occultare, sono infine state disvelate; se oggi, finalmente, se ne comincia a vedere e capire il contorno, il contesto; se dall’ombra in cui erano celati cominciano a intravedersi volti, se cominciamo a conoscere nomi, fatti, comportamenti, responsabilità, indicibili ignobili corposi interessi. Persone che non hanno avuto il timore dell’isolamento, del dileggio, dell’ostracismo. Non molte, ma sufficienti perché si possa ancora sperare che il possibile prevalga sul probabile.
Di questa pattuglia di irriducibili fa parte Pietro Milio, avvocato e politico autenticamente liberale (e perciò naturaliter radicale). Del Partito Radicale è stato senatore, protagonista di mille battaglie per l’affermazione dei diritti e del diritto: nell’aula del Senato e in quelle dei tribunali. Pietro ci ha lasciato ad appena 66 anni, un infarto lo uccide durante un convegno al castello Utveggio di Palermo. Probabilmente non è estraneo a questa prematura morte l’impegno, la passione, l’entusiasmo e il farsi parte attiva e più che partecipe per ogni cosa che lo vedeva coinvolto; e pur se lo si ricorda sempre sereno e sorridente, nel suo “dentro” deve aver sofferto e somatizzato le incomprensioni e le delusioni subite e patite. Persona che tanto ha dato, a cui tanti tanto devono.
L’eredità di Pietro è stata degnamente raccolta dal figlio Basilio, lui pure penalista. Tra le gravose eredità, i processi intentati al generale Mario Mori e al colonnello Giuseppe De Donno. Il libro Ho difeso la Repubblica è la storia di questa lunga, sfibrante battaglia nelle aule di giustizia, condotta in nome del diritto e per avere, giustizia. Battaglia infine (ma a che prezzo!) vinta con un verdetto limpido e che non si presta a equivoci. Per quei verdetti sono tanti che devono arrossire di vergogna per non aver saputo e voluto vedere quello che era visibile e comprensibile fin da subito. Per questo l’indifferenza e il fastidio di cui si diceva.
Basilio ha scritto un libro destinato a restare. È un racconto preciso, meticoloso, di fatti “incredibili” realmente accaduti. Il racconto di una persecuzione; le ragioni di questa persecuzione; quali enormi interessi alla base di questa persecuzione; i prezzi pagati per disvelarne; la fatica per raccontare i contesti in cui si è consumata. Un libro importante, che ci aiuta a capire le vere ragioni per cui Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e altri eroi come loro sono stati ostracizzati, ostacolati, infine uccisi. Un libro che ci ricorda come ancora tanto sia da fare e che ancora oscure, insospettabili entità tramano per impedire che sia fatta luce, verità, giustizia.
di Va.Ve.
La Spoon River Anthology di Edgar Lee Masters è una raccolta di poesie in liberi versi pubblicata tra il 1914 e il 1915 su Reedy’s Mirror, rivista letteraria di Saint Louis, Missouri. Ogni poesia racconta, con l’artificio dell’epitaffio, la vita degli abitanti dell’immaginario paesino di Spoon River: oltre duecento personaggi, ognuno fornisce informazioni sulla loro vita, la ragione della loro morte. Così Masters demistifica la realtà di una piccola cittadina rurale americana, con rimandi che allargano lo sguardo sull’intera società e natura dell’uomo. Si ispira a persone vissute nei paesini di Lewistown e Petersburg. La caratteristica dei personaggi è che essendo morti non hanno niente da perdere: raccontano in assoluta sincerità. Il tono è sempre narrativo, mai declamatorio; le voci sfumate: una partecipazione distaccata, meno ossimoro di quanto si possa credere.
Rita Mattei, giornalista, inviata speciale della RAI, autrice di molte coraggiose inchieste sulla criminalità organizzata, ha pubblicato per le edizioni All Around un’avvincente storia di mafia (Ninna nanna, una storia d’amore e di mafia). Torna ora in libreria con Scusate il disturbo.
È una sorta di Spoon River, non in versi sciolti, in prosa. Ma identica è la struttura, l’essenzialità: libro didascalico, volutamente privo di aggettivi. Fosse un filmato, sarebbe composto da sole immagini, a voler concedere qualcosa d’altro, una tenue musica molto in sottofondo, per non distrarre, perché l’occhio catturi tutta l’attenzione. È un lungo, doloroso racconto fatto di tanti essenziali racconti. Il filo che unisce le storie è che i protagonisti (anzi: le vittime) sono ragazzini, a volte bambini di pochi giorni, qualcuno non ha neppure fatto in tempo a nascere. Il Virgilio che ci conduce si chiama Thiago. Scrive da un luogo che è un nulla “senza tempo, senza confini…dove ci sono solo stelle, fiori, colori e bambini. E qualche mamma…”. Non c’è ma c’è, questo luogo, fatto di tanti luoghi. Lì vivono, finalmente senza soffrire e senza comprendere quello che è accaduto e perché, Piero e Mohamed, Hevan e Giulia, Laura, Elena, Loris, Alice, Chicca, Elisa, Youssef, Tommy, Fabio, Nunzia e Barbara… Quanti sono! E quanti sono quelli che Mattei non racconta perché anche le pagine di un libro hanno dei limiti, e comunque quante di queste storie non le si conoscono, vittime senza nome e volte, un soffio di vento e come granelli di sabbia fine volati chissà dove.
Il lettore sappia che questo Scusate il disturbo è un libro difficile da leggere; faticoso anche per chi ha lo stomaco foderato da trent’anni di brutta e cattiva cronaca. Sappia che è normale, giusto, che dopo una decina di pagine si scopra l’occhio umido (in caso contrario, si ponga qualche interrogativo); sappia che lo potrà leggere un poco alla volta, sopraffatto da orrore, fastidio, irritazione. Si scoprirà preda di mille domande riconducibili a: perché? Che senso ha? Com’è possibile?
È un libro che chiede impegno, il lettore proverà disgusto per quello che viene fatto e per quello che non viene fatto, pur potendolo e dovendolo fare. Si chiederà che mondo e società siano i mondi e le società che assistono impassibili, non intervengono, e anzi: lucrano e sfruttano queste situazioni. Credente o no che sia, gli verrà in mente quella pagina del vangelo di Matteo: “…chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare…”.
Non ci sono macine sufficienti per i responsabili degli abomini che Mattei racconta con una delicatezza che riesce a scansare la morbosità ma la crudezza dei fatti resta tutta. Perché sia chiaro: non è un romanzo, non sono storie inventate, immaginate. Sono storie vere, tragedie accadute.
Il lettore può fare qualcosa: acquistarne due copie, la seconda regalarla. Magari, se ne ha uno, farla avere al suo parlamentare di riferimento. Ecco: non sarebbe male se un giorno nelle loro caselle deputati e senatori trovassero una copia di Scusate il disturbo. Molti gli darebbero probabilmente una occhiata distratta. Ma se anche solo una decina di loro lo leggessero decidendo poi di agire di conseguenza…È un possibile, contro il probabile.
Rita Mattei
Scusate il disturbo – All Around