L’apprendista stregone e i violenti
di Marco Pannella
Abbiamo più di una obiezione da elevare contro il carico di indegnità (e solo indirettamente d’onore) che viene fatto al prof. Gabrio Lombardi, a Mario Fusacchia e al Comitato contro il divorzio. Ho stima e rispetto per questi avversari. Sono in genere oneste persone, che hanno le loro idee, le professano, agiscono di conseguenza. Né m’imbarazza pensare che, in questi limiti, può essere vero che ci somigliano, come tutti s’affannano a denunciare. Concesso.
Testimoniano, gli uni e gli altri, d’un conflitto che appare quasi eterno, tra fede nella libertà e fede nella autorità. Troppi dimenticano questa semplice verità, caricandola di odio, di disprezzo, di pur comprensibili passioni.
Lombardi discende diretto dalla controriforma, dal cattolicesimo storico italiano. Il pessimismo profondo sulla natura umana, la convinzione che questo mondo è del maligno, che solo nel al di là il regno della giustizia, verità e bontà sia possibile, non è di oggi e non morirà domani.
Solo l’autorità, solo l’obbedienza, solo la forza e la violenza della legge possono salvare il salvabile. Quando Lombardi vuole imporre innanzitutto ai non credenti, con i giudici, i carabinieri, i preti, con la sanzione penale e quella infernale congiunta, il matrimonio indissolubile, non ignora certo d’essere o d’apparire crudele. Ma sa o pensa che l’uomo vada difeso innanzitutto da sé stesso, e non gli importa il suo strazio se questo può contribuire alla salvezza della “verità” e della legge che ne deriva. I torturatori della controriforma non sono comprensibili se non si dà loro atto, nella loro umanità, della convinzione che da quella tortura e solo da quella poteva nascere una speranza di confessione e di conservazione e di riconversione, di salvezza eterna per il torturato, e di affermazione della “verità”. Il matrimonio indissolubile garantito dalla violenza delle istituzioni anche quando sia un cadavere nella realtà esistenziale, cadavere dell’amore, del dialogo, del rispetto della fiducia, fonte di sofferenza per i coniugi, e per i figli, è una tortura che Lombardi vuole venga assicurata, necessaria. Tanto più per coloro che hanno la colpa di non credere. La loro sventura, il loro errore testimonierà la grandezza del Signore, della sua Legge, o dello Stato. Forse, così, impareranno.
Certo, questo pensiero appare mostruoso. Non è diverso da quello che per decenni ha devastato, e devasta ancora, con degenerazioni chiesastiche e autoritarie, le rivoluzioni socialiste, o più indietro nel tempo, alcune zone della rivoluzione giacobina, quando anche la verità veniva deificata e i suoi custodi ne temevano il tradimento. E certo, ha solidi legami di parentela ideologica con l’”idealismo” fascista o nazista.
Ma se questo pensiero fosse solo tale, e di Gabrio Lombardi, non staremmo certo a occuparcene. Ben altri, ha voluto il ricatto del referendum e l’ha praticato, agitato fino a quando gli è sfuggito di mano. L’apprendista stregone e i “violenti “sono la DC, tutta la DC, la CEI e lo stesso Pontefice. Il confronto non è, oggi, come si proclama, contro il “fascismo” di Lombardi o anche quello di Almirante. Non scherziamo. Se Cefis o Fanfani lo chiedessero al SID, a Monti e a Pesenti, oltre che a De Mita e Granelli, gli avanguardisti della Destra Nazionale andrebbero subito a porgere rose invece che deporre bombe, non solo nelle banche, ma anche nelle sedi comuniste e socialiste, e intonerebbero, pronti, inni e peana al divorzio.
Proporre alle generazioni di oggi come compito storico quello di sconfiggere il (o di salvare dal) “fascismo”, intendendo per questo il paleofascismo marginale e deviante di Almirante, è risibile e grottesco. Pretendere di dover difendere o attuare la Costituzione contro Gabrio Lombardi e Almirante è incredibile.
Salvare la DC dall’abbraccio mefitico del “fascismo” è un non senso. Da trent’anni, ormai, la DC rappresenta la forza che ha assicurato la sconfitta della Costituzione, delle speranze della Resistenza, della democraticità della vita pubblica. È suo, solo suo, l’”abbraccio mefitico” che ha trascinato il Paese nella crisi attuale, crisi innanzitutto ideale e di speranze, di credibilità della classe dirigente – spesso di quella di opposizione non meno che di quella di governo. Sua – non d’altri – è la continuità con il PNF.
Sul divorzio, non un solo “democratico cristiano”, su un migliaio, in tre legislature, ha manifestato un qualsiasi problema di coscienza in Parlamento che lo ponesse all’unisono dell’immensa maggioranza dei credenti del mondo intero, e della maggioranza della gente di questo Paese.
Fra Gabrio Lombardi e l’esercito dei potenti, di clerico-democratici che o la pensano come lui e lo negano, o la penserebbero come noi, ma per i loro calcoli di potere hanno armato la sua mano, altrimenti disarmata e onesta, non ho dubbi di scelta.
La violenza di Stato, delle istituzioni, è di quegli altri, Il vero “fascismo” sono loro: ed è contro di loro che difenderemo, con il divorzio, almeno una speranza di libertà e di liberazione.
(14 febbraio 1974)