Lettera aperta al Presidente Giovanni Leone
di Marco Pannella
Signor Presidente, mi sono associato, il 2 maggio, al digiuno che alcuni militanti radicali, fra i quali l’obiettore di coscienza Luigi Zecca, conducevano da oltre quindici giorni per ottenere, con questa pacifica e civile testimonianza, maggiore attenzione da Lei per la richiesta di udienza fattale dalla LID e dal Partito Radicale.
Chiedevano, questi compagni, solo di poter direttamente esporre al garante della Costituzione che Lei dovrebbe essere (se non vado errato), la somma di discriminazioni e di violenze incostituzionali di cui erano e sono sempre più oggetto le minoranze radicali. L’esclusione della LID, oltre che del Partito Radicale, non solo dai dibattiti sul referendum del divorzio (che il Prof. Gabrio Lombardi ha pubblicamente definito “decisione inqualificabile”), ma anche come soggetto passivo di quel diritto-dovere dell’informazione senza la quale qualsiasi attività o ente pubblico diventa arbitrario e partigiano, coinvolgeva e coinvolge tuttora precisi dettami costituzionali.
Non è ancora giunta risposta alla richiesta di udienza. Noi la sappiamo molto impegnata. Lei riceve, infatti tutti. È un Presidente di stile popolare, democratico, paterno. Per questo, convinto che l’austero ed efficiente barone Picella, Segretario Generale a vita della Presidenza della Repubblica, non ha avuto ancora modo di informarLa dell’esistenza di questi altri postulanti, continuo anch’io il digiuno.
Tanto più che gli argomenti dei quali dobbiamo parlarle si sono intanto moltiplicati. Come Presidente della Repubblica, vorremmo informarla della patente, grave, violazione del Concordato avutasi nelle settimane scorse ad opera di quei vescovi e cardinali della CEI, seguiti da una buona parte dei 28.000 parroci (altrimenti considerati pressoché eretici), i quali hanno tutti giurato fedeltà alle leggi della Repubblica e che hanno invece cercato di mobilitare il paese ed i “fedeli” contro una di esse, violando nel contempo, e massicciamente anche leggi penali. Ed è proprio per quest’ultimo fatto che vorremmo chiederle anche se, quale Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Lei non ha nulla da eccepire contro il mancato esercizio dell’azione penale da parte di quelle Procure e Procure Generali che sono così solerti nel vedere ovunque reati d’opinione, incostituzionali, da perseguire: mancato esercizio di azione penale dinanzi al reato continuato, flagrante, compiuto da migliaia di persone al giorno, a centinaia a mezzo stampa, in violazione dell’art. 98 del D.P.R. 30-3-1957, legge che regola lo svolgimento delle elezioni.
Nell’un caso e nell’altro, come per la violazione dei diritti all’informazione e per le discriminazioni incostituzionali contro il Partito Radicale e la Lega per il Divorzio, le istituzioni non possono restare inerti, complici o conniventi per omissione di intervento.
Non ho fin qui dato molta pubblicità a questo nostro digiuno. I precedenti, che hanno contribuito almeno in tre casi a sollecitare il Parlamento a compiere il suo dovere rispetto a temi fondamentali del dibattito politico e della vita del paese, avevano forse una motivazione più evidente, su cui si poteva più facilmente concordare.
Sollecitare una udienza richiesta al Presidente della Repubblica può sembrare motivo non sufficiente per un’iniziativa che medici e compagni scongiurano di non prendere. Non sono d’accordo.
Se il non ricevere i rappresentanti delle più vive e qualificate forze extra-parlamentari, democratiche, notoriamente pacifiche e nonviolente, così spesso capaci di interpretare vastissimi strati dell’opinione pubblica da almeno dieci anni, prive di altre possibilità istituzionali di informare il garante della suprema legge dello Stato, fosse una deliberata decisione, mi sembrerebbe fatto molto grave. Già grave e inspiegabile resta l’attesa finora inutile cui si è costretto il Partito Radicale e la Lega per il Divorzio, quando notoriamente essi intendevano informarla di gravi fatti in atto, anticostituzionali, per interromperne l’esecuzione.
Per questo, senza troppe storie e senza troppe proteste, noi andremo avanti nel nostro pubblico digiuno. Fino a quando, signor Presidente, lo vedremo. Con osservanza, Marco Pannella.
(13 maggio 1974)