Non è ancora lo scrittore famoso che sarebbe diventato con L’impero del sole, e il relativo film, James G. Ballard; i suoi romanzi di fantascienza in Italia li pubblica “Urania”. Tra questi, Terra bruciata, del 1964. Si racconta di un mondo dove la lotta, letterale, per la vita è per accaparrarsi taniche d’acqua. Una interminabile siccità secca i fiumi, la terra è polvere, le popolazioni emigrano verso il mare; la siccità è causata da residui industriali scaricati senza criterio in mare, costituiscono una barriera impermeabile all’ossigeno di polimeri saturi a catena lunga; non c’è più evaporazione, viene meno il ciclo delle precipitazioni. Magari nella mente di Ballard è una più generale metafora del destino umano, condannato a evaporare “dentro”.
Cinquant’anni dopo, i nostri giorni. Arriva la certificata notizia che da circa un decennio il pianeta diventa più arido: la quantità di acqua dolce presente in fiumi, laghi e falde acquifere diminuisce in maniera esponenziale. Fenomeno probabilmente legato al cambiamento climatico: sintomo di un possibile inizio di una nuova fase persistentemente più secca. Lo certificano dati che vengono dai satelliti Grace e Grace-Follow On della Nasa e dell’Agenzia spaziale tedesca, pubblicati sull’autorevole rivista Surveys in Geophysics.
I satelliti Grace, operativi da marzo 2002 a ottobre 2017, e quelli della generazione successiva Grace-Follow On, lanciati a maggio 2018, hanno misurato su scala mensile le fluttuazioni della gravità terrestre che rivelano cambiamenti nella massa d’acqua del suolo e del sottosuolo. Le misurazioni fatte tra il 2015 e il 2023 mostrano che la quantità media di acqua dolce immagazzinata sulla terraferma (che include l’acqua liquida superficiale di laghi e fiumi, oltre all’acqua delle falde acquifere sotterranee) è stata di 1.200 chilometri cubici inferiore ai livelli medi registrati dal 2002 al 2014.
Il declino inizia con una grande siccità nel Brasile settentrionale e centrale, seguito da una serie di importanti siccità tra Asia e Australia, in Nord e Sud America, Europa e Africa. Le temperature oceaniche più calde nel Pacifico tropicale dalla fine del 2014 al 2016, culminate in uno degli eventi El Niño più significativi dal 1950, portano a cambiamenti nelle correnti a getto (jetstream) atmosferiche alterando il meteo e le precipitazioni in tutto il mondo.
Successivamente, anche dopo la fine di El Niño, l’acqua dolce globale non è aumentata. Tredici dei trenta episodi di siccità più intensi al mondo osservati dai satelliti Grace si verificano a partire da gennaio 2015. «Il riscaldamento globale porta l’atmosfera a trattenere più vapore acqueo, il che si traduce in precipitazioni più estreme», avverte Michael Bosilovich, meteorologo della Nasa. «Il problema quando si verificano precipitazioni estreme è che l’acqua finisce per defluire invece di essere assorbita e riempire le riserve di acqua sotterranea. Le temperature elevate aumentano sia l’evaporazione dell’acqua dalla superficie all’atmosfera, sia la capacità di ritenzione idrica dell’atmosfera, aumentando la frequenza e l’intensità delle condizioni di siccità».
Anche i più sprovveduti in materia possono osservare una cartina del mondo. A parte il Mississippi-Missouri, già fin da ora, attorno a tutti i grandi corsi d’acqua del mondo tensioni, conflitti e guerre. Non l’attuale, forse neppure la prossima, ma può essere che il problema della terza generazione a venire sia quello dell’acqua. In una “terra bruciata” come quella raccontata da Ballard.