Proposta Radicale 9 2023
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Obituaries

Anna Maria Schmidt

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Sergio D’Angelo

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Anna Maria Schmidt

Anna Maria Schmidt

Chi ha frequentato il Partito Radicale qualche decennio fa, la ricorderà certamente. Marco Pannella una volta parlò del “radicale ignoto”: persone che anno dopo anno, pur isolate, in piccoli paesi, luoghi di lavoro, la stessa famiglia, dove le idee e il “fare” libertario e radicale non era compreso o apprezzato, e tuttavia si iscrivevano, dando fiducia e speranza. Di lì, l’idea di raccogliere in un libretto alcune di quelle storie, appunto “Il radiale ignoto”.

Anna Maria, per l’occasione, scrisse questo suo “ritratto”:

Il mio primo contatto con il Partito Radicale è avvenuto attraverso un foglio di raccolta firme della LID fatto girare a Sambuca di Sicilia, un paese in provincia di Agrigento, da una coppia impegnata a regolarizzare il proprio legame. Alla mia firma è seguito l’invio di altro materiale a stampa. La vera conoscenza del Partito però è avvenuta nel 1976 quando, dopo incrociate catalogazioni di “fascista” da parte dei comunisti, e “comunista” rivoltami dai fascisti, per il mio cercare di capire gli uni e gli altri nelle assemblee universitarie, ho cercato di capire quale fosse la mia collocazione politica, e ho sentito l’esigenza di sottolineare la scoperta del mio sentirmi radicale prendendo la tessera. Da quel momento è cominciato il mio impegno nel partito, vissuto per tanti anni con passione ed entusiasmo. Con un gruppo di compagni, rimasti ancora miei amici anche dopo essersi allontanati e non più tesserati, abbiamo diviso momenti tristi e duri come quello del sequestro Moro: quando ai tavoli ci accusavano di essere fiancheggiatori delle BR; o quelli del caso Tortora, quando eravamo visti come difensori di un delinquente. Ci sono stati anche giorni d’entusiasmo: quando ci potevamo vantare di avere nelle nostre liste Leonardo Sciascia. Una pagina di dolore e di solitudine l’ho vissuta con i compagni di allora il 9 maggio 1978. Avevano trovato in via Caetani il cadavere di Moro, e sulla ferrovia Palermo-Terrasini i resti dilaniati di Peppino Impastato. Peppino era un assiduo frequentatore di vicolo Castelnuovo, la nostra prima sede. Veniva a prendere materiale, e raccoglieva firme per i nostri referendum. Al suo funerale c’eravamo noi radicali e pochi compagni extraparlamentari; tutti gli altri erano alla manifestazione per Aldo Moro. Io ero allora segretaria dell’unica associazione radicale qui a Palermo. Per tante raccolte di firme sono stata fra le tavolinare irriducibili e quotidiane, tanto che mio marito mi aveva definita la “jumenta campanara”.

Sergio D’Angelo

Sergio D’Angelo

Muore all’età di 100 anni, Sergio D’Angelo, l’uomo che ha fatto conoscere al mondo il capolavoro di Boris Pasternak, “Il dottor Zivago”, a dispetto del suo stesso autore: fortemente pressato dal regime sovietico Pasternak prova a fare un passo indietro, con Feltrinelli che però ignora i suoi ripensamenti. Il romanzo viene pubblicato nella traduzione italiana nel 1957, ma nel novembre dell’anno prima D’Angelo lo porta fuori dall’Unione Sovietica di nascosto per permettere allo scrittore di superare la censura che gli bloccato la pubblicazione del libro per le critiche al comunismo. Giangiacomo Feltrinelli per questo viene radiato dal PCI, Pasternak espulso dall’unione degli scrittori; il libro ha un successo straordinario consacrato anche dai cinque Oscar vinti dal film che ne viene tratto nel 1965. Nato a Roma, D’Angelo negli anni Cinquanta lavora come giornalista a “Radio Mosca”. Brillante, spiritoso, considerava l’avventura di Pasternak e Feltrinelli “l’avventura della sua vita e ne aveva sempre parlato tutta la vita”. Dopo i fatti di Ungheria si allontana dal partito. Con Pasternak nasce un vero rapporto d’amicizia, in nome del quale lo scrittore decide di affidargli il manoscritto raccomandandogli di farlo conoscere al mondo. “Questo è il Dottor Živago”, dice Pasternak a D’Angelo, “che faccia il giro del mondo”. Per poi aggiungere, dopo avergli consegnato il dattiloscritto: “Fin d’ora, siete tutti invitati alla mia fucilazione”. Era il 20 maggio 1956: quel pomeriggio fu accesa la scintilla che divampa in un caso letterario.

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