Uomo dal multiforme ingegno e dall’ironia elegante, Lelio Luttazzi ha attraversato – con uno stile unico e una professionalità altissima – più di sessant’anni di storia dello spettacolo in Italia. Conduttore di trasmissioni epocali come Studio Uno e Hit Parade!, compositore per le più importanti riviste degli anni ‘50, attore in numerosi film, direttore d’orchestra, autore di successi quali II giovanotto matto e Souvenir d’Italie e di colonne sonore. Nonostante tutto ciò, Luttazzi era soprattutto un musicista: un jazzista innamorato e appassionato dello swing, uno stile musicale a cui aveva dedicato tutta la vita l’intera sua anima. Nato a Trieste, si sposta ovunque lo portino la sua creatività e la sua musica: a Milano, poco dopo la guerra, poi Torino, infine Roma. È a Roma che si consuma la sua tragedia umana: un giorno del 1970, per un errore giudiziario acclarato, viene tradotto in cella, dove trascorre ventisette giorni di carcere preventivo. Un’esperienza che lo segnò per sempre e che lo portò a preferire l’anonimato e a sprofondare in una consapevole – e vigile – pigrizia. Da quella pigrizia fu infine tirato fuori, molti anni dopo, grazie all’aiuto di vecchi amici e nuovi fan, per vivere in un nuovo stato di grazia, culminato nella partecipazione a Sanremo, come accompagnatore di Arisa, nel 2009.
In questo libro Marco Ranaldi ripercorre tutte le strade solcate dal genio di Luttazzi, con rigore e rispetto verso un artista che era un tutt’uno con la sua musica e che sapeva trasmettere al pubblico gentilezza, e sopraffina intelligenza. Al testo si accompagnano preziose testimonianze di persone che gli sono state a fianco nelle diverse fasi della sua carriera: Gianni Ferrio, Jula De Palma, Maurizio Costanzo, Fiorello, Daniele Luttazzi… La corposa appendice comprende un accurato lavoro di catalogazione di dischi, film, opere teatrali e i video che lo riguardano.
Lelio Luttazzi, lo swing nell’anima
Marco Ranaldi – Stampa Alternativa
“Nel 1996, per l’Espresso e il programma televisivo Mixer, andai avventurosamente nel Caucaso, in Cecenia. C’era una guerra spietata e insieme inverosimile: la Federazione russa contro un paese grande, cioè piccolo, come una media regione italiana, con una popolazione di poco superiore al milione. La cosa più inverosimile è che la Cecenia vinse quella guerra. Poco dopo bisognò chiamarla Prima guerra cecena, perché intanto era scoppiata la Seconda, e Eltsin aveva ceduto il posto a Putin, il quale proclamò che avrebbe stanato i ceceni fin dentro i cessi. Nel mio soggiorno feci una stretta conoscenza con persone civili, coi combattenti e i loro capi, e viaggiai per lungo e per largo, dalla capitale Grozny ai villaggi di montagna. Passò qualche mese, si era raggiunta una tregua delle armi, e un’auto che portava tre volontari italiani, due medici e un organizzatore, impegnati con l’associazione Intersos, fu fermata da banditi armati al confine fra Inguscezia e Cecenia, e i tre furono rapiti. Il sequestro si protraeva e i servizi russi e italiani mostrarono di non avere alcuna capacità di misurarsi con quella situazione. I famigliari dei sequestrati mi chiesero di usare del mio legame recente con la Cecenia, era più o meno una pazzia, partii. Per mio conto: confidando nella piena ostilità delle autorità competenti.
Il secondo viaggio fu ancora più romanzesco e rocambolesco, e drammatico: il miraggio di valere a salvare delle vite è seducente, la probabilità di fallire e addirittura di nuocere è un incubo. Finì bene. Ci aiutarono in tantissimi. Fra loro i più autorevoli comandanti, che ora erano diventati massime autorità di uno Stato riconosciuto, il ragionevole Aslan Maskhadov, il leggendario Shamil Basaev, perfino il famigerato intruso Ibn al-Khattab, e di lì a poco avrebbero tenuto i primi posti nelle classifiche del terrorismo mondiale. Questo diario di una straordinaria vicenda di guerra, di distruzione e di liberazione, non è stato pubblicato per più di venticinque anni, per una ragione: la paura di mettere in pericolo qualcuna o qualcuno dei personaggi coinvolti di quella tormentata parte di mondo. Viene pubblicato a distanza di più di venticinque anni per una ragione: c’è la guerra in Ucraina” (A.S.)
C’era la guerra in Cecenia
Adriano Sofri – Sellerio