di Lev Tolstoj (a cura di Guido Biancardi)
(pubblichiamo di seguito la seconda parte dell’opera, inedita per l’Italia, de “La mia religione” di Lev Tolstoj)
La chiave di tutto è stato per me quel passaggio del capitolo V del Vangelo secondo san Matteo, versetto 39: “Avete appreso che è stato detto; occhio per occhio, e dente per dente. Ma io vi dico di non resistere al malvagio”. Ad un tratto, per la prima volta, ho compreso quel versetto in modo immediato e semplice. Ho compreso che il Cristo diceva unicamente quel che diceva. Non che abbia compreso qualcosa di nuovo, ma ciò che frapponeva un velo fra me e la verità era caduto, e la verità mi è apparsa in tutta la sua grandezza. “Voi avete appreso che è stato detto agli antichi occhio per occhio e dente per dente. Ed io vi dico di non resistere al malvagio”. Queste parole mi sono improvvisamente apparse completamente nuove, come se non le avessi mai lette. Prima, leggendo quel passaggio, avevo sempre omesso, come per uno strano obnubilamento, di leggere le parole: “Ed io vi dico di non resistere al malvagio”. Come se queste parole non fossero esistite del tutto o come se non avessero un significato particolare. In seguito, nel corso di mie conversazione con numerosi cristiani, buoni conoscitori dei Vangeli, avevo notato un simile obnubilamento. Nessuno si ricordava di quelle parole e, spesso, quando parlavamo di questo passaggio, queste persone riprendevano il Vangelo per verificare che ci fossero. Io stesso le avevo tralasciate per cominciare la lettura a partire dalle parole “Se qualcuno ti colpisce sulla guancia destra, porgigli anche l’altra…”, ecc. E, sempre quelle parole mi sembrava esigessero delle sofferenze, delle privazioni contrarie alla natura dell’uomo. Esse mi atterrivano, sentivo che sarebbe stato bello seguirle. Ma sentivo anche non avrei mai avuto la forza di seguirle in nome della sofferenza. Mi dicevo: ammettiamo, io porgerò l’altra guancia, mi colpiranno un’altra volta; darò quel che mi si domanda, mi prenderanno tutto. Sarò deprivato di vita. Ora, la vita mi è stata donata, perché vi rinuncerei? Il Cristo non può chiedermi questo. Me lo dicevo un tempo pensando che quelle parole del Cristo esaltano la sofferenza e le privazioni e che, a questo fine, egli utilizza un’iperbole, dalla quale deriva il loro essere sfumate ed imprecise; ma, oggi, che ho compreso le parole sulla non-resistenza al malvagio, ho capito che il Cristo non esagerava nulla e che non chiedeva alcuna sofferenza in nome della sofferenza, ma che diceva, con nettezza e precisione, unicamente ciò che diceva. Egli diceva: “non resistete al malvagio”; e, nel farlo, sappiate in anticipo che si troveranno uomini che, dopo avervi colpiti su una guancia senza incontrare resistenza vi colpiranno egualmente sull’altra; dopo la vostra camicia vi prenderanno anche il mantello; che, dopo aver approfittato del vostro lavoro, vi obbligheranno a lavorare ancora di più…che prenderanno a volontà senza nulla rendere…E, nonostante sia così, voi non dovete resistere al malvagio. A coloro che vi colpiranno e che vi offenderanno, voi renderete il bene. Quando ho compreso il senso diretto di queste parole, tutto ciò che era stato oscuro mi è divenuto limpido, tutto ciò che mi era sembrato esagerato mi è apparso perfettamente esatto. Ho capito per la prima volta che il centro di gravità di tutto il suo pensiero era contenuto nelle parole “non resistete al malvagio” e che tutto ciò che seguiva era unicamente una spiegazione della prima affermazione. Ho capito che il Cristo non ci ordinava di presentare la nostra guancia né di regalare il nostro mantello perché soffrissimo, ma che ci ordinava di non resistere al malvagio dicendoci che questo potrebbe comportare delle sofferenze. Proprio come un padre che prepara il suo figlio per un lungo viaggio, non pretende che egli si privi del sonno e del nutrimento né che si lasci inzuppare di pioggia, né che soffra il freddo, e ciononostante gli dice “va, segui questo cammino e non arrestarti mai anche se la pioggia ti bagna e tu abbia freddo”. Il Cristo non dice: porgete le vostre guance, soffrite, ma dice “non resistete al malvagio” e fatelo qualsiasi cosa vi capiti. Queste parole, non resistete al male o al malvagio, capite nel loro primo significato sono state veramente per me la chiave che mi ha aperto tutto. E mi sono stupito d’aver sino ad allora capito al contrario delle parole talmente chiare, talmente precise.
Voi avete imparato: occhio per occhio, dente per dente, ed io vi dico: non resistete al male o al cattivo e qualsiasi cosa i malvagi vi facciano sopportatelo, date loro tutto, ma non resistete al male, né al malvagio. Che può esservi di più chiaro, di più evidente, di più indubitabile? Non appena ho compreso queste parole in tutta semplicità così come sono state dette, subito, non soltanto nel sermone della montagna, ma in tutto l’insegnamento del Cristo, in ogni Vangelo, ciò che era confuso si è chiarito per me; ciò che era stato contraddittorio è divenuto coerente, e soprattutto, ciò che mi era sembrato superfluo è diventato indispensabile. Tutto si è fuso in un solo insieme le cui parti si confermavano mutualmente come i frammenti di una statua frantumata ricomposti come si deve. Questo sermone così come tutti i Vangeli confermavano quella stessa dottrina di nonviolenza.
In questo sermone come altrove, il Cristo presenta i suoi discepoli, cioè degli uomini che seguono la sua regola di nonviolenza, unicamente come offrendo la loro guancia e donando il loro mantello, perseguitati, picchiati ed indigenti.
Dappertutto, a più riprese, il Cristo dice che colui che non ha preso la sua croce, che non ha rinunziato a tutto, non può essere suo discepolo; si tratta di tutti coloro che non sono preparati ad accettare le conseguenze che dalla nonviolenza derivano. Ai suoi discepoli il Cristo dice: “Siate poveri, siate pronti a subire persecuzioni, sofferenze e morte per la vostra nonviolenza”. Lui stesso si prepara a soffrire ed a morire senza resistere ai malvagi, e respinge Pietro che desidera fare il contrario, per morire proibendo di resistere al malvagio e senza tradire la propria dottrina.
I suoi primi discepoli seguono questa regola e per la loro vita intera restano poveri e perseguitati senza mai rendere male al male. Dunque, il Cristo dice proprio ciò che ha detto. Si può affermare che è molto difficile seguire sempre questa regola. Si può contestare che l’uomo che segue questa regola sia felice e beato. Si può dire che è stupido, come lo dicono i non-credenti, che il Cristo fosse un sognatore, un idealista, che ha dato regole impossibili da seguire e che i suoi discepoli le hanno rispettate per stupidità, ma è impossibile non riconoscere che il Cristo abbia detto, in modo chiaro e preciso, esattamente quello che ha voluto dire; cioè, che in seguito al suo insegnamento l’uomo non deve resistere al malvagio e che colui che ha accettato il suo insegnamento non può rendere male per il male. Ora, questo senso così semplice, così chiaro delle parole del Cristo non è compreso né dai credenti né dai non-credenti. Quando ho compreso che le parole “non resistere al malvagio” significavano “non combattere il male con la violenza” tutta la mia rappresentazione dell’insegnamento del Cristo è mutata del tutto ed ho avuto paura della mia stessa incomprensione che era nei fatti una ben strana maniera di comprendere. Sapevo, tutti noi sappiamo, che il senso del cristianesimo risiede nell’amore verso gli uomini. Dire: porgete la vostra guancia, amate il vostro nemico è un modo di esprimere il senso del cristianesimo. Lo sapevo dalla mia infanzia ma perché non avevo capito queste parole semplici in tutta la loro semplicità, perché vi avevo cercato un senso allegorico? “Non resistere al malvagio” vuol dire “non resistere mai al malvagio”, “non commettere mai violenza”, cioè l’atto che è sempre contrario all’amore. “E se per questo ti si offende, sopporta l’offesa ma non commettere violenza contro altri”. Come, dunque, pur credendo o cercando di credere che colui che ha detto queste parole è Dio, ho potuto pretendere che fosse impossibile di attenervisi con le proprie capacità?
Il maestro mi dice: va, taglia della legna, ed ecco che io gli rispondo: io non posso farlo con le miei capacità. Delle due, l’una: o io non presto fede a ciò che il mio maestro dice, oppure io non voglio fare ciò che mi ordina (…).
Un uomo che abbia mobilitato tutta la sua intelligenza per distruggere una legge non avrebbe invocato come argomento supremo che quella legge è impossibile da seguire e che lo stesso legislatore l’ha giudicata irrealizzabile ed ha previsto un aiuto soprannaturale? Era proprio ciò che avevo pensato a proposito del comandamento della nonviolenza. E mi sono domandato come, e quando, si era formato nella mia mente questo terribile pensiero che la legge del Cristo era divina ma che non si poteva seguirla. Riandando al mio passato, ho capito che questa idea non mi era mai stata trasmessa in tutta la sua nudità (essa m’avrebbe respinto), ma che l’avevo impercettibilmente bevuta col latte di mia madre sin dalla mia più tenera infanzia e tutta la mia vita non aveva fatto che rinsaldare questo strano errore.
Dalla mia infanzia mi si ripeteva che il Cristo era Dio e che il suo insegnamento era divino, ma, nello stesso tempo, mi avevano insegnato a rispettare le istituzioni che usano della violenza per assicurare la mia sicurezza contro il malvagio, e mi avevano insegnato a venerare queste istituzioni. Mi avevano insegnato a resistere al malvagio e mi avevano persuaso che era umiliante e vergognoso sottomettersi al malvagio e subire la sua cattiveria, ma che era lodevole difendersi da lui. Mi avevano insegnato a fare la guerra, cioè a resistere ai malvagi con l’uccisione; chiamando l’armata di cui facevo parte “un’armata cristiana”, ed avevano accompagnato i nostri maneggi con una benedizione cristiana. Di più, dopo la mia infanzia e sino alla mia età matura mi avevano insegnato a rispettare ciò che era in flagrante contraddizione con la legge del Cristo. Difendersi contro l’aggressore, vendicare con la violenza un’offesa personale, famigliare, nazionale, tutto ciò non era vietato, al contrario, mi avevano persuaso che era magnifico, che tutto ciò non contraddiceva la legge del Cristo.
(Segue. La prima parte di questo saggio è stata pubblicata su “Proposta Radicale n.7)