Proposta Radicale 13 2023
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Recensioni

Scrittori ed artisti nella guerra di Spagna

di Va.Ve.

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Un libro sugli ultimi per capire chi siamo

di Francesco Perpignano   

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Scrittori ed artisti nella guerra di Spagna

Scrittori ed artisti nella guerra di Spagna

di Va.Ve.

L’indice dei nomi. Nella saggistica, al pari delle note (preferibilmente a pié di pagina), è prezioso; fondamentale. La micragna di molte case editrici, anche prestigiose, sempre più fa economia di questo fondamentale strumento di orientamento, vero e proprio baedeker per studiosi e appassionati. La brigata delle ombre del professor Antonio Di Grado per fortuna ne è provvisto. Sia lode a lui e all’editore, la benemerita “La nave di Teseo” che con evidente cura e amore pubblica questo corposo e ammaliante “viaggio” nella cultura che ha per sfondo la guerra civile spagnola: un libro fatto di mille altri libri. Scorretelo, quell’indice: Si comincia con il poeta Rafael Alberti, appare poi Max Aub; non poteva mancare Manuel Azana e con lui Georges Bernanos: scrittore cattolico che pure si scaglia contro Franco e le gerarchie che lo sostengono; anarchici come Camillo Berneri e Buenaventura Durruti, Federico Garcia Lorca, naturalmente; Giuseppe Antonio Borgese lui pure uno della pattuglia che non giura fedeltà al fascismo, ma lo si dimentica sempre chissà perché; Vitaliano Brancati, Aldo Garosci, Albert Camus, Robert Capa, John Dos Passos ed Ernest Hemingway, Arthur Koestler, André Malraux, George Orwell, Pedro Salinas, Miguel Unamuno, Elio Vittorini; certamente non poteva mancare Leonardo Sciascia che della Spagna è innamorato almeno quanto della Francia, e alla tragedia di quella guerra civile ha dedicato uno splendido racconto, L’antimonio (Sciascia credo sia il più citato di tutti, già questo testimonia l’affetto di Di Grado, non per un caso da Sciascia voluto tra i responsabili della Fondazione che porta il suo nome). Poi eccole: figure di donne splendide, relegate in secondo piano quando non dimenticate, giustamente da De Grado “recuperate”: la sfortunata compagna di Capa, Gerda Taro; Mercé Rodoreda e Costancia de la Mora, scrittrici di grande qualità e di cui si è smarrito il ricordo. Annota Di Grado: “Stupisce che un libro così ricco di informazioni, di gustosi ritratti, di attenzione squisitamente femminile a quei sentimenti individuali e collettivi che gli storici trascurano, e a quell’impasto di trepidazione e d’angoscia, di febbrile attesa e lugubri rintocchi ch’è la cifra della Spagna in guerra, non sia stato ripubblicato e non venga mai citato, se non fuggevolmente da Sciascia… (chi scrive, per quattro euro si è accaparrato la copia pubblicata quale “dono” agli abbonati de l’Unità e quella per i lettori di Rinascita). Ma analoga trascuratezza patiscono Memorie di Spagna, di Elena Garro, o La mia guerra di Spagna e La miliziana di Mika Feldman, e quanti altri se ne possono citare.

Trecento pagine di libri e di storie, di memorie e personaggi a volte guasconi, malinconici, sognatori e pur afflitti dal fatalismo imposto dal fare “la cosa giusta” vada come vada, perché a fianco (o più ancora: dietro, quasi mai davanti) ci sono altri personaggi, infidi e profittatori per vocazione e professione. Quella guerra sanguinosamente combattuta a Madrid e a Barcellona, a Belchite, sull’Ebro e a Guadalajara, è uno spartiacque che prepara e anticipa il successivo orrore della seconda guerra mondiale. E si coglie un abile rimando di De Grado tra gli eventi di un passato recente e un presente che di quel passato ha smarrito memoria, ne ripete gli errori, le indifferenze, le viltà.

Nel bel dipinto di José Mirò scelto per illustrare la copertina si legge: “Aidez l’Espagne”. Oggi chi aiuta Kijv, ma anche Teheran, Pechino, e i mille luoghi di lotta e sofferenza, per non soccombere a chi ancora, per programma ha quel “Viva la morte!” contro cui si rivolta Miguel de Unamuno? “… Voi vincete perché avete soverchia forza bruta. Ma non convincerete. Perché per convincere, bisogna persuadere. E per persuadere occorre quello che a voi manca: ragione e diritto nella lotta…”. Ragione e diritto, appunto: oggi, ieri, sempre; nonostante.

Antonio Di Grado

La brigata delle ombre – La nave di Teseo    

Un libro sugli ultimi per capire chi siamo  

Un libro sugli ultimi per capire chi siamo  

di Francesco Perpignano

Ecco un libro che un ministro della cultura dovrebbe operare perché sia presente in ogni pubblica biblioteca; l’omologo ministro dell’istruzione dovrebbe consigliarlo come lettura almeno facoltativa nelle scuole. Un autunno d’agosto, estate piena che tuttavia declina nella malinconia dell’autunno (già qui, molto si può intuire) è un libro straordinario: per la qualità della sua scrittura, per la densità del racconto. Un intreccio di storia familiare, un vissuto che va oltre i luoghi e il tempo. I boschi sono quelli delle Alpi Apuane, e il contesto è la strage dei nazifascisti a San Terenzo Monti, frazione contadina del comune di Fivizzano. Il 19 agosto 1944 159 civili vengono massacrati. Eccidio ad opera del 16° SS-Pazergrenadier-Division “Reichsfurer-SS comandato dal famigerato Walter Reder. I civili, presi a gruppi di tre, vengono uccisi mentre suona un organetto. Si salva solo una bimba di sette anni, Clara Cecchini: risparmiata dalla mitragliatrice, si finge morta sotto i corpi dei genitori; quando i nazisti infliggono il colpo di grazia viene ferita in punti non vitali. 

Con la cura del cronista di vecchia scuola Agnese Pini racconta questa storia orribile e feroce che ti massacra il cuore: è il solo modo di farlo, un racconto senza superflui aggettivi. Sono i fatti, l’accaduto che dicono tutto. Una storia che riguarda la stessa autrice: in quell’eccidio muore anche la bisnonna Palmira. La nonna Iolanda racconta alla nipote la “cronaca” di quell’agosto con sapiente semplicità: una popolazione inerme, colpevole di nulla, e la ferocia di uomini trasformati in lupi famelici. Come per altri eccidi la “giustificazione” è la rappresaglia per un’azione partigiana che aveva provocato la morte di sedici militari tedeschi. 

Una storia così lascia un segno indelebile nelle famiglie che l’hanno subita, e appartiene a tutti i sopravvissuti e ai figli dei sopravvissuti”, dice Pini. “È una storia di umanità e di amore, perché soprattutto nei momenti in cui vita e morte sono così vicini, l’umanità e l’amore escono più forti che mai. L’ho sentita raccontare fin da quando ero piccola: la raccontavano mia nonna, mia madre, mia zia (raffigurata nella foto di copertina del libro), ma per molto tempo ho pensato che fosse un capitolo ormai chiuso della storia d’Italia e della mia storia personale. Mi sbagliavo”.

In cosa consiste lo sbaglio? “Quando non c’è un processo giusto, dei colpevoli condannati, come nel caso di mia nonna, che in quell’eccidio perse la madre, quando le uniche parole che ti vengono dette sono: ‘dimentica, vai avanti’, rielaborare è complicato…Il vero problema è che l’Italia non ha mai avuto la sua Norimberga. Se questo Paese, dopo 80 anni, è ancora profondamente diviso sulla memoria di quel periodo, è anche perché la politica del tempo si impose di ricostruire presto una repubblica, una democrazia. Per farlo decise di mettere una pietra sopra su quanto era accaduto. Il risultato è una memoria frantumata. L’incapacità italiana di avere un giudizio sereno e univoco anche su cosa è stato il fascismo”.

“Grazie anche al lavoro che faccio, ho capito invece che quel capitolo era tutt’altro che chiuso, che lì si nascondono gli istinti più inconfessabili di ciò che possiamo ancora essere. L’ho capito con la guerra in Ucraina, vedendo come certi orrori si perpetuino sempre identici al di là delle latitudini e degli anni. E l’ho capito perché nel nostro paese c’è un periodo, il ventennio fascista, che ancora non riusciamo a guardare con una memoria davvero condivisa”. Ecco dunque che la storia raccontata in questo libro diventa l’occasione per tornare a ciò che siamo stati con una consapevolezza nuova: “Questo è un libro sugli ultimi ed è a loro che è dedicato, perché su di loro si è costruita l’ossatura forte e imperfetta di tutto il nostro presente, dunque anche del mio.”

Agnese Pini dall’agosto 2019 dirige il quotidiano fiorentino per eccellenza, La Nazione e dal luglio 2022 l’intera catena Monti-Riffeser, il Resto del Carlino, Il Giorno e Quotidiano Nazionale.

Un autunno d’agosto

Agnese Pini – Chiarelettere

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